Oggi a Procida si festeggia il santo patrono. San Michele e il Miracolo del 1535

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Sebastiano Cultrera – Nel cuore dell’isola di Procida, il culto di San Michele Arcangelo ha radici profonde e millenarie, intrecciando storia, fede e leggenda. Ogni anno, il 29 settembre, l’isola si raccoglie per celebrare il suo Santo Protettore, una figura che non è solo simbolo di difesa spirituale, ma che ha assunto nei secoli il ruolo di vero e proprio baluardo contro le avversità.

La devozione all’Arcangelo Michele, secondo molte fonti, fu introdotta dai monaci basiliani di rito greco, che si insediarono a Procida intorno all’VIII secolo. Questi monaci, fuggiti dall’iconoclastia, portarono con sé immagini sacre del Santo, contribuendo a diffondere il suo culto. Michele, raffigurato come cavaliere di luce o come formidabile gigante, è da sempre associato alla protezione contro il male e le avversità della vita. Non solo guerriero celeste, ma un protettore per tutte le circostanze, un simbolo di forza e conforto per i procidani.

Un momento cruciale che rafforzò il legame tra l’isola e l’Arcangelo fu il Miracolo del 1535. In quell’anno, Procida si trovava sotto la minaccia delle orde saracene, pronte a devastare l’isola. La leggenda narra che fu proprio San Michele, con la spada sguainata, a fermare l’avanzata dei nemici, salvando l’isola da una sorte tragica. Questo evento, tramandato di generazione in generazione, ha acquisito nei cuori dei procidani il valore di una verità storica, tanto che il miracolo è diventato il fulcro della devozione isolana.

A seguito di quel miracolo, l’isola subì importanti trasformazioni. Il cardinale d’Aragona fortificò il borgo antico, che da allora prese il nome di Terra Murata, conferendo all’isola quell’aspetto difensivo che ancora oggi la caratterizza. Nel porto di Santo Cattolico, il traffico marittimo si intensificò, e agli inizi del Seicento, Procida era già conosciuta per la sua flotta, con gli armatori che costituirono il Pio Monte dei Marinai, erigendo la Chiesa della Pietà e di San Giovanni Battista, simbolo della potenza marinara dell’isola.

Il culto di San Michele, dunque, non è soltanto una tradizione religiosa, ma rappresenta un elemento identitario per Procida. La sua figura si intreccia con la storia dell’isola in modo indissolubile. Nel XIII secolo, la signoria di Giovanni da Procida, celebre medico e politico, diede ulteriore impulso al culto del Santo. Sebbene non esistano testimonianze dirette a Procida, sappiamo che Giovanni era un devoto dell’Arcangelo, come dimostrato dalla cappella dei Crociati nel Duomo di San Matteo a Salerno, che egli stesso costruì o restaurò. Qui campeggia un grande affresco di San Michele con le ali spiegate, sovrastante il mosaico di San Matteo, un chiaro segno della devozione personale di Giovanni.

Ma non è tutto: la Chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, oggi inglobata nel complesso di San Domenico Maggiore a Napoli, fu costruita dai monaci basiliani nel IX secolo, proprio come l’Abbazia di Procida. Anche qui, il culto dell’Arcangelo era vivo e presente, e la chiesa fu consacrata solo nel 1255, durante un periodo in cui Giovanni da Procida era una delle personalità più influenti del Regno di Manfredi ed alcune testimonianze lo riportano come proprietario del Palazzo a fianco, nella stessa piazza San Domenico.

Il 29 settembre, giorno della festa di San Michele, rappresenta per Procida un momento di profonda riflessione e celebrazione. L’Arcangelo non è solo una figura del passato, ma un simbolo di protezione e guida presente in ogni procidano. Quest’anno farà un percorso ed una esposizione più ampia, anche per “risarcire” i fedeli della mancata processione dell’8 maggio.

In un mondo in continuo cambiamento, San Michele resta per Procida un ancoraggio sicuro, un simbolo che unisce passato e presente, fede e storia. Il suo culto, diffuso dai monaci basiliani, sostenuto da figure come Giovanni da Procida e radicato nelle vicende miracolose dell’isola, continua a vivere con forza, rinnovato ogni anno da una comunità che non dimentica le proprie radici e che guarda al futuro con la stessa fede e speranza che ha accompagnato i procidani per secoli.

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