L’editoriale di Sebastiano Cultrera: DOVE VA PROCIDA?

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Sebastiano Cultrera – Dove sta andando l’isola di Procida? Che direzione sta prendendo la sua economia, a partire da quella gloriosa, marittima, fino a quella turistica, che sta, finalmente decollando, pur tra mille contraddizioni? Cosa pensano i procidani, ammesso che possano avere maturato pensieri definiti ed univoci? Insomma, verso la fine di agosto è bene riproporre alcuni spunti di riflessione che potrebbero essere utili approfondire per fare venire in superficie, ed in maniera più chiara e consapevole, alcuni temi finora dibattuti, per slogan e preconcetti, nei social e nelle polemiche quotidiane. Che servono, probabilmente a ringalluzzire tifoserie locali, ma che non ci fanno fare un passo avanti nella comprensione nell’isola e delle sue reali dinamiche attuali. Per placare le ‘tifoserie’ ricordo a tutti che le prossime amministrative si terranno, molto probabilmente, tra circa due anni (giugno 2026) e ogni fibrillazione ad esse funzionale è adesso fuori luogo.

È necessaria, invece, una riflessione il più possibile seria e pacata, non solo sulla Procida che verrà (e ciò attiene a una necessaria progettualità economica, sociale e politica), ma soprattutto sulla Procida com’è adesso (il che costituisce la premessa indispensabile per ogni progetto futuro).

Anche perché è facile constatare, dalle chiacchiere in giro e dalle cose che si leggono sui social, CHE NON ESISTE UNA IDEA CONDIVISA di cosa sia, oggi, l’isola di Procida, e di come la comunità si rapporti ad essa. Ci sono le fazioni politiche, che vomitano, per paradossi ed iperboli, due procide contrarie ed impossibili da conciliare.

La ‘Procida che avrei voluto’ si dipinge come San Michele che ha sconfitto Satana (cioè il demone di ‘quelli di prima’), descrivendo un passato buio e truce. I suoi tifosi vantano successi gloriosi e progressivi, che non corrispondono sempre alla realtà delle cose; pur avendo, essa, accompagnato (talvolta bene; talvolta meno bene) la fase storica che vede lo sviluppo turistico e culturale più impetuoso della pur gloriosa storia dell’isola.

Invece la “Procida contro Tutti” contrasta a priori ogni realizzazione attuale, anche a costo di non vedere la realtà, spacciando “i bei tempi andati” con una “età dell’oro” che, nei decenni scorsi, non c’è mai stata. I fan ‘Contro’ sono stizzosamente denigratori di ogni cosa, finendo per disprezzare l’intera isola e, alla fine, se stessi: buttano via il bambino con l’acqua sporca.

Ma oltre il tifo? Ci sono tante istanze di tanti tipi, molte delle quali da cogliere e comprendere. Adesso si appoggiano ora all’uno e ora all’altro estremo, ma meritano approfondimenti. Perché, in realtà Procida non è diventata, miracolosamente, un Paradiso, e non era l’Inferno, e non è piombata nel Caos essendo stata l’Eldorado dei nostri sogni.

L’isola è profondamente cambiata, con il fenomeno del turismo che è diventato trainante nella mutazione sociale ed economica in atto. Ciò non vuol dire che sia un fenomeno sempre e comunque positivo, ma che sia un fattore di trasformazione, anche nel senso di (ritrovata) apertura dell’isola al mondo, è indubbio.

Nell’accompagnare e promuovere questo processo sta, forse, il merito maggiore dell’amministrazione Ambrosino. Fanno malissimo i cantori ‘contro tutti’ a invocare una chiusura dell’isola e a sottolineare solo i pericoli del turismo, declinando slogan ultraconservatori.

Anche perché si è trattato di un processo di lunga gestazione. Possiamo dire, senza tema di smentita, che senza il Premio Elsa Morante e l’apertura al turismo culturale negli anni 80, e senza la stagione di “Procida Portoni Aperti” e del Parco Letterario degli anni 90, non avremmo avuto le basi culturali per “Procida Capitale”. Che è stata, tuttavia, il momento più alto finora raggiunto; non solo come vetrina, ma anche come kermesse culturale. Sta a noi mantenerci a quei livelli e dimostrare di essere Sempre Capitale. Ma è giusto ricordare fasi diverse, di momenti storici ed amministrativi diversi.

Invece una comunità che smarrisce la memoria (o con una memoria troppo indulgente) annega nell’eterno presente dei veleni incrociati.

Per SVELENIRE il clima (e per cominciare a capire davvero dove siamo arrivati), ci si dovrebbe mettere a STUDIARE sul serio, E fare il focus su cosa siamo diventati e quale ruolo l’isola potrà recitare, all’interno di una zona ad altissimo interesse culturale quale sono i campi flegrei e, più in genere, dell’area napoletana. Procida deve ridisegnarsi, nelle similitudini e nelle differenze, all’interno di questo perimetro. E fare da guida, per il circondario, nella ribalta nazionale ed internazionale.

Il metodo per comprendere e progettare il futuro di Procida è da definire, ma un prerequisito fondamentale rimane indubbio: affrontare la questione con una mente libera da pregiudizi. Dobbiamo resistere alla tentazione di abbracciare tesi preconfezionate, sia per pigrizia intellettuale, sia per partito preso o per demagogia. Chiunque sostenga di aver già compreso appieno la nostra isola, in tutte le sue sfumature e complessità, o è un illuso o è un ciarlatano.

Procida, nonostante le sue dimensioni ridotte, è una realtà articolata e sfaccettata, caratterizzata da una molteplicità di interessi spesso in contrasto tra loro e da una composizione sociale e culturale stratificata. Diffidiamo di chi propone soluzioni semplicistiche a problemi complessi: costoro sono o ingenui sognatori o abili manipolatori.

Abbiamo di fronte a noi un’opportunità preziosa: il tempo e lo spazio per intraprendere un serio lavoro di analisi e di elaborazione, volto ad aggiornare e perfezionare il progetto per il futuro di Procida

In sintesi, il destino di Procida è nelle nostre mani. Sta a tutte le persone di buona volontà affrontare questa sfida con la mente aperta, con un approccio critico e scevro da facili slogan o pregiudizi.

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