Non può e non deve essere l’Ospedale motivo di scontro politico

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Gino Finelli – Ancora una volta la problematica dell’Ospedale alimenta una polemica tra le parti contribuendo ad aumentare una contrapposizione che non ha nulla di ideologico o politico. Indipendentemente da qualsiasi schieramento che ha governato in questi ultimi trent’anni, la sanità sia a livello regionale, che nazionale è stata preda di conquista politica. Non vi è stato un piano organizzativo sostenibile, né uno sguardo lungimirante al futuro, ma semplicemente un tentativo di ridurre il più possibile l’impatto economico che le nuove tecnologie e il grande progresso scientifico hanno determinato.

Anche le Università hanno contribuito e, non poco, alla decadenza del sistema e si sono lasciate imbrigliare in una politica di contrazione che ha determinato la carenza di medici e la mancanza di una formazione professionale in linea con le necessità. Numero chiuso, la vergogna dei test di accesso, l’imbuto delle specializzazioni, e soprattutto la mancanza di un progetto formativo non solo teorico, hanno prodotto le odierne difficoltà. Nessuno si è accorto che la mia generazione, quella dei laureati della metà degli anni 70, che aveva occupate tutte le strutture ospedaliere e private, sarebbe andata in pensione creando un buco nel sistema e l’attuale carenza di personale. Ma forse la politica lo sapeva e ha fatto finta di non accorgersene, poiché avrebbe dovuto investire ancora più risorse economiche sottraendole alle necessità di un sistema malato, di una democrazia apparente. Chi ci ha governato in questi ultimi anni, governi tecnici, centrosinistra, centro destra, non ha prodotto né un progetto, né una organizzazione in linea con le necessità del paese che è andato sempre più invecchiando. Non ha immaginato neppure che avrebbe dovuto, almeno mantenere, se non implementare, un sistema sanitario che con la riforma politicizzata e la creazione delle cosiddette aziende sanitarie e/o ospedaliere, non avrebbe mai potuto essere equiparato ad un sistema aziendale che crea profitti. Era sbagliata allora e lo è ancor di più oggi, l’idea aziendale della sanità pubblica, ma serviva allo scopo di sottomettere la sanità al gioco politico clientelare, quello non già della meritocrazia, ma dell’appartenenza a schieramenti e addirittura persone. Il sistema sanità governato da improvvisati, spesso trombati elettoralmente e soprattutto dipendenti dal politico di turno e dalle sue necessità. E il discorso diviene ancora più grave se si guarda l’organizzazione dei singoli territori, che tiene aperte strutture inutili con spreco di personale e risorse non funzionali per una moderna ed efficiente sanità.

E ancora la medicina territoriale, quella che dovrebbe essere il filtro, la prima linea che andrebbe totalmente riformata e rivisitata.

Insomma una politica scellerata che ha, a piene mani, attinto quello che voleva dalla sanità senza dare una contropartita in termini di qualità ed efficienza.  E poi c’è la sanità privata, o meglio quella delle convenzioni, che funziona a latere del sistema utilizzandolo per creare ricchezza.

Insomma un complesso di situazioni che sono divenute ingestibili, un sistema in cui nessuno più vuole metterci le mani per non affondare. 

E dunque non si tratta di autonomia differenziata, che è un problema di domani per la quale nutro molte perplessità e riserve, ma di politica regionale e nazionale, quella che ha determinato in questi trent’anni, con le sue scelte e la sua incapacità, la caduta verticale di una sanità che era la migliore d’Europa.

Il nostro ospedale, di una piccola comunità, non è che l’epifenomeno di tutto questo, e la nostra protesta, quella di tutti, deve essere efficace, non deve dare segni di divisione. Non si può lasciare spazio ad una contrapposizione, che se pur legittima, in questo caso diverrebbe deleteria e inficerebbe qualsiasi protesta.

Chiunque ha lavorato per la soluzione merita rispetto per il suo impegno, indipendentemente dalla sua corrente politica, perché ci sono argomenti come la salute, la sicurezza, la giustizia, che appartengono in ugual misura a tutti e che sono la base del nostro sistema democratico. Per ciò che concerna il presidio, l’ho scritto molte volte e, lo ripeto, può funzionare solo se avrà un suo organico stabile con a latere le specialità e gli ambulatori. E ciò non può e non deve essere confuso, a malafede, con le esigenze del pronto soccorso che ha una ben altra organizzazione.

Chi si assume la responsabilità di guidare le scelte di un popolo e di essere il rappresentante di una comunità, terminata la sfida elettorale, sia che sia vincitore che vinto, siede in un consesso democratico e ha il diritto-dovere di lasciarsi alle spalle le ragioni delle conflittualità tra gli schieramenti e di assumere il compito ed il ruolo che gli è stato conferito, nel rispetto delle istituzioni e della democrazia rappresentativa. Questo vuol dire che, seppure con le giuste contrapposizioni di idee e valori, che non si può e non si deve, solo per appartenenza politica, o peggio di simpatie personali, non trovare terreno comune di unità su argomenti che non possono e non devono mai rappresentare un motivo di divergenza come la salute, la scuola o la sicurezza. Chi è chiamato a rappresentarci, in maggioranza o in opposizione, deve comprendere, che una volta assunto l’incarico, ha il dovere morale, etico e politico di rappresentare l’intera collettività e deve per questo portare avanti tutti i tentativi per unificare e non dividere, soprattutto su temi delicati e che sono di fatto al difuori di qualsiasi possibile scontro ideologico.

Sarebbe auspicabile progettare un tavolo di discussione che abbia lo scopo di unificare idee e posizioni nell’interesse della nostra collettività. E’ tempo di valori, progetti, costruzione di un futuro sostenibile. 

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